CINEMA - GET OUT

Vi ho già detto che sono appassionato di Cinema?

Eh si, trovo estremamente interessante la settima arte, la sua capacità di raccontare storie e di intrattenere lo spettatore attraverso la stimolazione visiva e uditiva con immagini, sequenze, musiche e suoni evocativi.

Certo, lo spazio di un film è ridotto rispetto ad un'opera di letteratura; in due ore normalmente non è possibile dedicare molto tempo alla caratterizzazione dei personaggi. Al tempo stesso, dal momento che stimola la vista, un film non ha lo stesso impatto di un libro sull'immaginazione. Ma è anche in questo che sta la bravura degli attori e dei registi: suggerire idee ed evocare stati d'animo in modo che l'esperienza la si porti a casa e che ci si continui a pensare sopra.

Recentemente ho visto un film che mi ha colpito e divertito: Get Out.

Locandina del film


E' un film americano del 2017, catalogato ingiustamente come "Horror"; credo infatti sia più un thriller grottesco, uno dei generi che preferisco assieme alla fantascienza. E qui c'è anche un po' di fantascienza direi.

Il film si apre con il rapimento di un uomo di colore mentre passeggia per le vie buie di un sobborgo ricco e "per bianchi",  per opera di un uomo mascherato e alla guida di una macchina sportiva, anch'essa bianca, sulle note di "Run Rabbit Run".

Stacco, si passa alle vicende di un dotato fotografo di colore, il protagonista del film, fidanzato con una ragazza bianca e di famiglia benestante che lo invita nella casa di campagna dei suoi genitori per farne la conoscenza.

- I tuoi lo sanno? 

- cosa?

- che sono nero

In questo scambio di battute c'è una realtà di grande attualità, specie in America, ma anche nel resto dei Paesi occidentali: il bisogno di essere preparati per l'incontro con la persona di colore, anche nel 2020.

Ah, l'amour...


D'altra parte è questo che si chiede lo spettatore per tutto il film: c'è qualcosa di più spaventoso che essere una persona di colore nell' America di oggi? 

Seppur cedendo alle rassicurazioni della sua fidanzata bianca, all'arrivo nella lussuosa casa dei futuri suoceri, il protagonista si trova a disagio nelle interazioni da subito molto affabili con la famiglia bianca, ricca e progressista, che ha tuttavia giardiniere e domestica di colore, confermando le originali sensazioni negative del protagonista, ossia di essere all'interno della famiglia bianca ricca e stereotipata che ha rapporti con le persone di colore solo da subalterne. 

Ma il disagio non è giustificato solo dalla situazione sociale... il regista e gli attori riescono a far percepire un brivido dovuto a qualcos' altro, qualcosa di davvero strano nel modo di comportarsi sia dei padroni di casa, che dei domestici, il tutto condito con inquadrature e musiche di Hitchcockiana memoria.

Sguardi inquietanti


E la situazione non fa che peggiorare con l'arrivo dei membri della famiglia allargata: tutti fin troppo affabili con il nuovo ospite, e al tempo stesso così attaccati agli stereotipi di "razza", tanto da osannarlo per le sue presunte doti fisiche e sportive o semplicemente per questioni di moda:

“La pelle chiara è stata avvantaggiata per quanto? Per gli ultimi 200 anni? Ma ora il vento sta cambiando, va di moda il nero.” 

Ma è chiaro che i modi amichevoli di tutti hanno un secondo fine, un motivo oscuro e terribile che dapprima si insinua nello spettatore sotto forma di dubbio e di teorie strampalate, e poi si manifesta in un crescendo magistrale tra terrore e battute sarcastiche, portando lo spettatore alla conclusione di questa storia nera ed agghiacciante, un incrocio tra "Incubo" di Wes Craven e "l'Isola del Dottor Moreau" di H.G. Welles.

Se non lo avete visto, fatelo quanto prima. Che siate amanti del genere o meno, ne vale la pena!

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