ETF e debiti

Nei gruppi di interesse sugli investimenti finanziari, alcuni investitori che gestiscono le proprie finanze ed i propri investimenti in autonomia spesso chiedono se, visti i tassi di interesse sul denaro così bassi, non sia una buona idea prendersi un prestito personale da investire in ETF, in modo da potersi trattenere il guadagno al netto del tasso di interesse sul prestito.

In effetti sembra una buona mossa: se il denaro da prendere a prestito mi costasse l'1% e gli ETF mi garantissero un 4% all' anno, allora avrei un 3% di guadagno netto su una cifra superiore rispetto alle attuali capacità di investimento.

Ma è davvero così semplice?

Potremmo esemplificare il problema ipotizzando due scenari che coinvolgano due fratelli gemelli, entrambi investitori "fai da te" con la stessa capacità di risparmio, stesse entrate e stessi costi, chiamiamoli Mario e Luigi (ogni riferimento a persone cose o videogiochi è puramente voluto).

Mario ha un capitale di 100.000 CHF investito e nessuna intenzione di aprire un mutuo per investire una cifra aggiuntiva mentre Luigi decide invece di aggiungere al proprio capitale investito di 100.000 CHF, un prestito di altri 100.000 CHF, mettendo l'attuale capitale investito a garanzia. Potremmo quindi vedere come variano in teoria i due investimenti in un periodo di 10 anni.


Caso 1: il mercato ha un rendimento medio del 4% annuo per 10 anni






Risultato di Mario nel Caso 1

Come detto, Mario investe 100.000 CHF in un buon ETF ad accumulazione sufficientemente differenziato e a basso costo, e li lascia "maturare" investiti, nella previsione di un rendimento medio del 4% all' anno, tasso che per semplicità considereremo costante per tutti i 10 anni.

Dopo 10 anni, l'interesse composto avrebbe lavorato sul capitale e lo avrebbe portato alla cifra di 148.024 CHF, con un guadagno complessivo di oltre 48 mila franchi. Mario è piuttosto soddisfatto.




Risultato di Luigi nel Caso 1

Luigi ha una maggiore propensione al rischio di Mario, e decide di aprire un mutuo al tasso fisso dell' 1%, per ottenere del denaro aggiuntivo da investire in ETF assieme al suo capitale esistente di 100.000 CHF. 

Senza questa mossa, il capitale a disposizione di Luigi sarebbe lo stesso di quello di Mario, e i risultati sarebbero esattamente gli stessi, a parità di condizioni.

Luigi invece si trova ora ad avere ben 200.000 CHF investiti in ETF, e tutti si avvarranno di una crescita del 4% all'anno per 10 anni come nel caso precedente. Tuttavia Luigi deve anche pagare l'interesse sul debito che abbiamo fissato per semplicità all'1% annuo. 

A parità di condizioni, quindi, Luigi dovrà usare lo stesso ETF ad accumulazione usato da Mario, e pertanto, non essendoci distribuzione dei dividendi, dovrà disinvestire parte dell'investimento ogni anno per ripagare la rata del debito, con i relativi costi di transazione e tasse sull'eventuale capital gain.

Facciamo le seguenti ulteriori semplificazioni:

a) la rata per la restituzione del debito è annuale 

b) la tassa sul capital gain è al 20% (del 3% ottenuto, al momento della vendita parziale, per ripagare la rata)

c) il costo della vendita dell'ETF è 2,5 CHF




Sotto le condizioni sopra elencate, avremmo che alla fine dei 10 anni, al netto del pagamento dell'ultima rata, Luigi si troverà un capitale di ben 168.495 CHF, un buon 14% in più rispetto al caso di Mario; non male verrebbe da pensare.


Caso 2: il mercato ha un rendimento medio del 7% annuo per 10 anni

In questa seconda situazione la differenza tra i due approcci, come facilmente prevedibile, si amplia.


Risultato di Mario nel Caso 2

I 100.000 CHF investiti in un buon ETF ad accumulazione a basso costo, lasciati maturare 10 anni al 7% medio all'anno, rendono a Mario la bellezza di 196.715 CHF, con un guadagno complessivo di oltre 96 mila franchi, il doppio che nel caso precedente. 


Risultato di Luigi nel Caso 2

Questa volta la maggiore propensione al rischio di Mario avrebbe premiato ulteriormente Luigi che, a parità di condizioni, avrebbe ben 200.000 CHF da far maturare al 7% annuo di media. Non dimentichiamo che Luigi deve anche pagare l'interesse sul debito che abbiamo fissato per semplicità all'1% annuo, su metà della somma.

Sotto le stesse semplificazioni del caso 1, si otterrà




Quindi, alla fine dei 10 anni, al netto del pagamento dell'ultima rata, Luigi si troverà un capitale di 245.768 CHF, pari al 25% in più rispetto al caso di Mario.


Tutto bene quindi? Possiamo affermare che l'indebitarsi per investire sia una strategia conveniente e seguire l'esempio di Luigi?

Purtroppo no; come specificato più volte, abbiamo dovuto fare numerose semplificazioni, che possono influire significativamente sulle conclusioni da prendere.

Innanzitutto la prevedibilità del rendimento
Qui stiamo ipotizzando un 4% o un 7% fisso all'anno, ma sappiamo che i mercati non sono così facilmente prevedibili, e mentre possiamo dire che in media queste sono previsioni ragionevoli sul lungo periodo, questo non significa che ogni anno i mercati abbiano un andamento tanto scontato. Al contrario, nel caso di un prestito a tasso fisso, l'1% di interesse è fisso e predicibile e costante, e non c'è speranza che diminuisca... Ci saranno quindi anni in cui il mercato non rende il 7%, non rende il 4%, o è persino negativo, ma occorrerà comunque disinvestire per ripagare l'1% costante di interesse sul mutuo, capitalizzando una perdita e facendo ciò che ogni investitore saggio non farebbe mai: vendere a poco.

In secondo luogo la frequenza di restituzione del debito
Nell'esempio si è considerata annuale per semplicità nei calcoli, ma è più probabile uno schema con rate mensili, tipico dei mutui. Questo avrebbe un impatto importante sui calcoli, infatti i costi di disinvestimento passerebbero da un misero 2,5 CHF annuo, a ben 30 CHF annui. Trascuriamo l'impatto sul Capital Gain, ma prelevando più spesso è più probabile farlo anche durante cicli positivi, per cui il capital gain andrebbe applicato su guadagni superiori. Di contro campionando anche più cicli positivi, si ridurrebbe l'impatto della "vendita a poco" in un anno mediamente negativo.

Infine, nel caso di andamento di mercato negativo prolungato, ipotizziamo 10 anni di recessione, l'1% di interesse da pagare sulla restituzione del mutuo affosserebbe il capitale proprio in modo ancor più severo rispetto alla negatività del mercato stesso. 

In sostanza gli incrementi di guadagno del 25% o del 14% dopo 10 anni non possono essere dati per scontati, e portano con sé un aumento del rischio di poter persino intaccare il capitale proprio. 

Questo aumento del rischio dovrebbe essere compensato da una gestione più presente ed attiva del capitale, ad esempio fissando soglie di vendita automatica per ottenere profitto da oscillazioni positive e mettere da parte l'ammontare da usare per pagare il mutuo solo quando le condizioni di mercato fossero vantaggiose per farlo. Ma questo è un processo che non ha più nulla a che vedere con la gestione passiva del patrimonio, e non sempre alla portata dell'investitore comune. Io stesso, per ora, non ho mai considerato seriamente questa eventualità. 


E voi? Come valutereste di prendere a prestito del denaro per investirlo?


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