Vela, la nascita di una passione


Da ragazzino tra i tanti sport che ho provato, essendo nato in una località di mare, ci fu la vela, con le derivette Optimist.
Purtroppo, a quell'età, e nonostante l'amore per il mare, non era scattato nulla per la vela. La trovavo troppo impegnativa dal punto di vista della preparazione, e poco gratificante dal punto di vista dell'azione. Inoltre non si era creato alcun feeling con l'istruttore, che non brillava per pazienza. Così mollai tutto prima di essere diventato capace e prima di poter provare le gioie delle regate.


La Tiscali Cup e i sabati con gli HobieCat

Fast Forward, 18 anni dopo, finiti gli studi universitari e giunto alla mia seconda vera esperienza lavorativa presso Tiscali, a Cagliari, ebbi un nuovo contatto con la vela, questa volta come membro partecipante di un equipaggio durante la Tiscali Cup, un evento velico che coinvolgeva svariati circoli della zona. Al comando della imbarcazione ove mi trovavo, un J24, c'era Franco Riccifiglio di Cino Ricci e maestro di vela entusiasta, che con la sua esperienza è riuscito a gestire un equipaggio del tutto eterogeneo durante una regata, insegnandoci i ruoli, il vento, le andature e regalandoci una giornata di emozioni, divertimento e adrenalina che mi sarebbe rimasta attaccata addosso per lungo tempo.

All'epoca vivevo in una villetta bifamiliare che condividevo con Roberto, un collega molto sportivo e già amante del surf e della vela. La combinazione era perfetta perché decidemmo di prendere un paio di lezioni di vela al vicino club velico del Poetto, per imparare a uscire in due sui catamarani Hobei Cat 16.
E così, il sabato era diventato per noi un rito lo scendere dalla collina di Margine Rosso, a Quartu Sant'Elena, guidare fino al circolo velico del Poetto, affittare un Hobie Cat e passare un'oretta o poco più a bolinare, manovrare, uscire al trapezio, scuffiare...  quanta nostalgia per quei sabati! Poco a poco crebbe in me il desiderio di approfondire tutto ciò che riguardava la vela e di poter portare imbarcazioni più grandi. 



Gli studi e la licenza

L'anno che mi trasferii a Milano decisi subito che avrei ottenuto la patente nautica. Un amico ed ex collega mi informò di un corso in avvio, e così feci l'iscrizione ed iniziai a frequentare le lezioni. Che spettacolo! Era come essere tornati all'università: la sera ci si ritrovava a lezione, assieme ad una ventina di persone, ognuna motivata dalle più diverse ragioni, e la professoressa ci spiegava tutti i temi necessari per approfondire la teoria: la fisica, le parti delle imbarcazioni, la meteorologia, la segnaletica, il carteggio.
Durante il corso, proprio come all'università, alcuni studenti abbandonarono per via del crescente impegno richiesto, ed io legai con 4 ragazzi motivatissimi come me ad arrivare fino in fondo; creammo insieme un gruppo di studio. 
Si studiava insieme la sera e il weekend, ci si ritrovava alla biblioteca di Parco Sempione o a casa di qualcuno, si ripeteva e si facevano esercizi di carteggio. 




Assieme a loro iniziai ad affittare qualche imbarcazione nei fine settimana, al Lago Maggiore prima, e poi al mare, e successivamente partecipammo a delle regate del campionato invernale del ponente ligure, bei tempi che ricordo con affetto e nostalgia (nostalgia che magari rispolvererò in un futuro post tratto da un vecchio diario di bordo di una delle regate di campionato invernale). 
Tutti noi portammo a termine il corso e conseguimmo la patente, e siccome ci trovavamo bene insieme, fondammo un'associazione sportiva dilettantistica, attraverso cui potemmo coltivare la nostra passione, organizzando qualche evento velistico e aumentando la nostra esperienza in mare, che non è mai abbastanza. 

Forse non avrò vissuto l'idillio con la vela in tenera età, e non avrò mai fatto agonistica seria, ma mi sento comunque molto grato per il fatto di aver scoperto una passione anche se in età matura, che mi ha permesso di conoscere una moltitudine di belle persone e di conoscerle in modo approfondito. Perché sebbene il tempo di una regata o di una vacanza sia breve, gli spazi ristretti della barca creano una vera e propria scorciatoia che permette alle persone a bordo di entrare in confidenza, sintonia ed empatia tra loro quasi immediatamente. 

Oggi vivo in Svizzera, ci sono molti laghi qui, ma per me veleggiare al lago non è la stessa cosa che veleggiare al mare. Sarà il fatto di vedere costantemente la costa, di dover fare bordi corti, sarà per via dei venti che cambiano in modo repentino con l'orografia della costa. Non si batte il fascino del mare e del navigare in esso, il sibilo del vento tra le vele e sul viso, lo sciabordio dell'acqua sulla prua inclinata, il tutto potendo gettare lo sguardo sull'orizzonte blu, senza interruzioni alla vista, con la sensazione di essere a stretto contatto con la natura e le sue forze. Non si batte l'essere in rada a fine giornata, il piacere di un tuffo con i colori magnifici del tramonto, di un aperitivo a bordo all'imbrunire, di una cantata insieme. Non si batte l'essere cullati dai suoni prodotti dalla corrente sulla chiglia e dal tintinnio delle sartie quando si dorme. Persino il dormire in pozzetto con un occhio aperto ed uno chiuso, costretti al "chi va la" dalla maretta, sotto una stellata incredibile che ti fa compagnia, no, proprio non si batte.

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