Il digiuno intermittente per il controllo del peso

Ho sempre percepito il peso come un problema, a torto o, quasi sempre, a ragione.

Non posso definirmi una persona magra, né longilinea: ho una struttura massiccia, e se a questo si aggiunge che mi piace mangiare, la mia forma fisica non si è mai discostata troppo da quella di un orso bruno.

Ma ci ho provato, oh se ci ho provato!


A ben pensarci mi sembra che, da che ne ho memoria, io non abbia fatto altro nella vita che cercare di tenere sotto controllo il mio peso. Senza peraltro mai riuscirci pienamente.

Infatti ricordo di aver provato un'infinità di diete, regimi alimentari, attività sportive e letture di libri che potessero aiutarmi a perdere anche solo pochi chili, quasi sempre sulla pancia.

Andando a ritroso nel tempo ho provato nell'ordine:

  • Diete "a giorni", in cui un intero giorno era dedicato ad un solo cibo, da consumare a colazione, a pranzo e a cena (ricordo ancora il giorno del riso integrale, o peggio quello delle pere cotte...). Questa dieta ti toglie il piacere di mangiare e farla per 3 settimane porta ad un risultato principale: contare le ore che ti separano dalla sua fine;
  • Diete iper ipoglucidiche, come la Atkins, in cui l'apporto totale di carboidrati doveva essere inferiore al 3% in peso del cibo totale ingerito, dieta con cui avevo perso un sacco di peso, ma non sostenibile nel lungo periodo, poiché le fonti principali sono proteine e grassi. Oltre alla perdita di peso avevo ottenuto paradossalmente una drastica riduzione del colesterolo nel sangue. Ricordo che il farmacista da cui andavo a fare le analisi periodicamente era incredulo;
  • Diete basate sul controllo delle calorie ingerite. Queste le conosciamo tutti: si parte bene, poi si iniziano ad allentare i cordoni e si finisce per ingerire più di quello che si faceva prima di iniziare;
  • Diete basate sulla "Zona", ossia con un importo equilibrato e predefinito tra carboidrati, proteine e grassi, ad ogni pasto. Anche questa non di facilissima esecuzione, specialmente se si è fuori a pranzo con una scelta limitata, a meno di non portarsi la "schiscia" da casa, che però è molto laboriosa... insomma questa funziona finché la si fa, ma è difficile trasformarla da dieta ad abitudine alimentare;
  • Programmi di disintossicazione alimentare basati su un processo di eliminazione di alimenti che promuovessero sbilanciamenti immunitari e ormonali, per poi gradualmente reintrodurli (per chi fosse interessato all'argomento consiglio il bel "Tutto inizia con il cibo" di Melissa e Dallas Hartwig).

Ce ne sono sicuramente altre, sperimentate personalmente nell'arco di 30 anni, di cui ora non ricordo i dettagli, ma nessuna definitiva.
Insomma, una soluzione che valga per me esiste?
La risposta è semplice: no.




Nel senso che tutte le soluzioni sopra portano dei risultati, ma nessuna di esse è sostenibile ad libitum, e vanno tutte ripetute periodicamente, innescando l'effetto yo-yo in cui si ingrassa quando non la si segue e si dimagrisce quando la si segue.
Il problema è anche che con il passare degli anni il metabolismo rallenta, e mentre si prende peso sempre facilmente, diventa sempre più difficile perderlo applicando una dieta temporanea.


L'INTERMITTENT FASTING

Non potendo rinunciare a cercare un modo per controllare il mio peso, ho iniziato ad interessarmi alla pratica dell'Intermittent Fasting, o digiuno intermittente.

Il digiuno intermittente è una pratica che si basa sul concetto di lasciare l'organismo senza cibo per limitati periodi di tempo (tipicamente mai superiori alle 72 ore).

Esistono due versioni molto note del digiuno intermittente:

1. Mangiare per 5 o 6 giorni a settimana normalmente, con 3 pasti o 4 o 5, a seconda di come si è abituati, e poi digiunare per 1 o 2 giorni a settimana, bevendo solo acqua, te, caffè o altre tisane.

2. Ogni giorno cercare di restringere la finestra di alimentazione sotto le 8 ore al giorno.

Mentre l'opzione 1 è di difficile esecuzione, perché uno o più giorni di digiuno totale sono un notevole stress fisico e psicologico e non permettono di programmare alcun evento sociale durante il digiuno, l'opzione 2 è semplice da eseguire, sostenibile, e facilmente modificabile a seconda delle proprie necessità. E ve lo dice uno che le ha provate entrambe.




Da ragazzino, cresciuto con una solida educazione di stampo cattolico, praticavo il digiuno nei venerdì santi, quindi, memore di quella esperienza, non è stato troppo difficile per me provare ad eliminare tutti i pasti da una giornata (l'ho sperimentato anche per due e tre giorni), sempre al netto delle limitazioni sopra, e del mal di testa, che spesso accompagna il digiuno se più lungo di 24 ore.

Così ho iniziato con la seconda opzione: in fondo basta saltare la colazione, prendendo solo un caffè, e poi cercare di pranzare verso le 13.00, e finire di cenare entro le 21.00. In questo modo la finestra di alimentazione è di 8 ore, e quella di digiuno di 16 ore. Con un meccanismo di questo tipo ero già riuscito ad evitare di prendere peso, senza stare troppo attento a cosa mangiavo a pranzo e a cena.

Era già un buon risultato: solo il caffè alla mattina e poi potevo mangiare a pranzo. Non mi pesava né sull'umore, né sulla sensazione di fame: il fisico si abitua in fretta, e alla fine completavo 16-17 ore di digiuno senza alcuno sforzo.

Dall'inizio di agosto 2020, ho voluto provare a ridurre la finestra di alimentazione, ossia aumentare il numero delle ore di digiuno, a scapito di quelle in cui è permesso alimentarsi.

Per raggiungere lo scopo ho utilizzato un'applicazione per Smartphone, due in realtà, Fastic prima, e Simple poi, che sono del tutto simili: un timer che notifica quando è il momento di mangiare in base a come lo si è impostato, e che fornisce alcune utili informazioni sui vari stati in cui si trova il corpo durante la giornata (aumento glicemia, diminuzione glicemia, chetosi, autofagia..) così come alcune notifiche di incoraggiamento e qualche scheda di approfondimento sull'alimentazione e sui disturbi legati ad essa.  Così facendo, poco alla volta ho ridotto le ore di alimentazione, passando gradualmente da 8 ad 1. Il che vuol dire ben 23 ore giornaliere di digiuno!

Secondo svariati studi, spingere il proprio organismo alla condizione di digiuno per oltre 16 ore, ma sempre sotto le 24, innesca una serie di processi salutari, come ad esempio l'aumento della produzione dell'ormone della crescita e del testosterone, utili per la preservazione della muscolatura, la riduzione dei processi infiammatori in atto, lo smaltimento delle scorie accumulate dall'organismo. 
In effetti, dopo i primi giorni in cui si sente la morsa allo stomaco della fame e si deve resistere per arrivare all'ora di pranzo, i segnali della fame diventano sempre più flebili e ci si abitua anche a questo regime, che rimane sostenibile senza più alcuna difficoltà. 
Durante questi mesi, l'orario prescelto per alimentarmi è stato quello del pranzo, ad eccezione delle poche occasioni recenti di vita sociale, in cui ho dovuto nutritmi a cena. Quando la pandemia sarà passata e sarà possibile tornare ad una vita sociale piena, credo che la cena sarà il pasto che manterrò.

Ad oggi, dopo circa 5 mesi e mezzo in cui ho ristretto la finestra di alimentazione ad una sola ora (con qualche eccezione certo, ma c'è stato Natale in mezzo), ho perso complessivamente 13 chili. 
Un bel risultato per chi come me non riusciva più a perdere un etto da troppo tempo!
Spero di riuscire a scendere ancora di 5 chili continuando con questo regime e senza eliminare alcun tipo di cibo o bevanda, per ora, e vediamo come sarò a fine Marzo, poi eventualmente, correggerò qualcosa per accelerare verso il traguardo.
Nel frattempo procedo ormai senza sforzo, e pur non essendo un professionista dell'alimentazione, mi sento di raccomandare l'utilizzo del digiuno intermittente.
Voi lo fate? Che esperienze avete in proposito? 


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